Federica Cucchi, una giovane donna fiorentina piena di vita, dedicata con passione al volontariato, alla politica locale, agli allenamenti negli sbandieratori, agli amici, e ai sogni che riempiono i vent’anni.
Quel 18 marzo 2011 sarebbe diventato il giorno che avrebbe cambiato per sempre la sua esistenza. All’improvviso, mentre era al lavoro, un’improvvisa embolia polmonare (con trombo a cavaliere, cioè a cavallo tra i due polmoni) le causò quattro arresti cardiaci nel giro di poco più di un’ora. Il suo corpo cedette, le luci si spensero, e si trovò senza memoria, sospesa tra la vita e la morte.
I medici la rianimarono , la misero in ipotermia per tentare di salvare il cervello, ma la sua mente non trattenne nulla di quel momento terribile. Non ricordava nulla del maledetto 18 marzo, né dei giorni precedenti. L’ultimo ricordo che le restava era lei a cena con il suo ragazzo e la sua famiglia. Poi, un vuoto assoluto, fino all ospedale Maggiore di Bologna. Da quel momento inizia a ricordare, parla con i cartelli SI e NO, poi con la tavola alfanumerica.
Il suo risveglio non fu un’illuminazione istantanea come si vede nei film dove il protagonista, dopo mezzo secondo ricomincia a parlare, camminare…Federica descrisse una dimensione fuori dal tempo, come un mondo fluttuante dove apparivano immagini di zii, cugini, un campo da calcio e un portiere che parava tutto — finché, colto dal gesto, ella scese in acqua e si risvegliò. Fu un risveglio lento, a piccole dosi, spiegato dai medici con cautela e delicatezza.
I mesi successivi furono un cammino faticoso: terapie, riabilitazione, fisioterapia, logopedia. Federica ricordava le notti infinite in cui piangeva, mentre i tendini si accorciavano e la mamma e la nonna che le cantavano le canzoni di quando era piccola. Ogni gesto diveniva un’impresa ardua Eppure una piccola vittoria la illuminò: dopo *3 mesi e 2 giorni*, pronunciò la prima parola. “Nonna”. Era il 20 giugno 2011(dopo la visita il sabato degli sbandieratori che facevano uno spettacolo per lei! ) Quel momento segnò un punto di svolta: da lì decise che avrebbe lottato con ogni fibra del suo essere per tornare a vivere. Come diceva sua nonna: Ricordati noi siamo come le lucertole, più gli tagli la coda più gli ricresce!
Federica non si accontentò: riprese a camminare, a parlare, lentamente ma con costanza. Tornò al volontariato, alla cucina alla fotografia, alla musica, e al karate — disciplina che ammirava fin da giovane. Si iscrisse a un club degli scoglionati viola (cioè quelle persone che sono nati sulle isole o quelle persone che lo sono nell’ anima). www.scoglionativiola.it Giocava come portiere di calcio. Per i bambini fa la clown in un associazione: www.clowncare.it. Si iscrisse a un organizzazione per persone con cerebrolesioni(www.assca.it), e anche a Itaca (https://firenze.progettoitaca.org) che si occupa della sensibilizzazione della salute mentale. Scrisse il libro “Testimoni di un Risveglio”, che raccoglie esperienze e testimonianze di chi le è stato vicino: la madre, il padre, la nonna, gli amici, i medici. Tutto il ricavato del libro è devoluto all’associazione Gli Amici di Luca oggi fondazione Gli amici di Luca Casa dei risvegli Luca De Ngris.
Oggi Federica convive con i segni del suo passato: qualche difficoltà motoria, qualche parola che esprime con lentezza oramai è abituata alla gente che non la capisce o fa finta di non capirla( molto più semplice) delusioni e momenti dolenti. Ma è chiaro che non ha rinunciato alla vita: quella stessa energia che la animava prima del 2011 è riemersa con forza. Ha imparato ad accettare i tempi più lenti, l’incomprensione, le frustrazioni. Quando qualcuno non la comprende, non si arrende: “Beh, è un problema loro”, risponde. All’ inizio settimana la prendeva (anche ora ma meno)Fa spazio alla buona volontà e non lascia mai che la sua dignità si pieghi.
Federica racconta il suo percorso come rinascita, non come un ritorno esatto. Per lei, la vita prima del coma era tutto: lavoro, amici, amore, scrittura, guida, libertà. Ora, quel prima è diventato ispirazione. Il suo cammino è testimonianza, non pietà.
E oggi, quando alza lo sguardo, vede non solo un passato da ricostruire ma un futuro da conquistare, passo dopo passo, con coraggio, resistenza e speranza.
Ripete fino alla noia una frase di P.Coehlo: Non arrendenti mai, di solito è l’ ultima chiave quella che apre la porta